Dante nel libro dei condannati: Marco Ferri racconta l’Alighieri più nascosto

In “Emergenze dantesche” lo storico e giornalista ricostruisce dove incontrare il poeta a Firenze. Con molte sorprese. Ne pubblichiamo uno stralcio  


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10 Gennaio 2021 - 14.16


Sapevate che Michelangelo desiderò scolpire un monumento di Dante? Papa Leone X non gli accordò il permesso e non se ne fece niente. Sapevate che l’Alighieri che spedì tanti all’Inferno era finito in un libro dove venivano elencati i condannati dalla città di Firenze detto “Libro del chiodo”? Ricordavate o sapevate che fu condannato a morte? O sapevate che il poeta non avrebbe avuto il naso aquilino come viene comunemente raffigurato mentre ne dà tratti ben diversi un brano d’affresco databile tra il 1366 e il 1406 e scoperto a metà del settembre 2004 durante i lavori per ricavare da un negozio un ristorante fiorentino?

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Le informazioni intorno all’autore della Vita nova, della Divina Commedia, delle Rime petrose nella sua città di nascita che i più di noi ignorano pur se note sono molte e curiose. Marco Ferri, giornalista di lunga esperienza e storico, ha approfittato dei mesi del lockdown per scrivere un libro particolarmente saporito e appena pubblicato: “Emergenze dantesche. Dove e come incontrare il Sommo Poeta a Firenze a sette secoli dalla sua morte” (Linea edizioni, pp. 144; euro 15,00, con prefazione di Cristina Acidini). 
Il sottotitolo rende chiaro il contenuto. La curiosità la instillano le pagine che seguono una dietro l’altra con il tono, appunto, della scoperta di qualcosa che magari abbiamo sotto gli occhi. In 18 capitoli l’autore parla dei “supposti” ritratti danteschi, delle leggende, di cosa rimane vivo oggi. Per esempio Ferri ricorda che “a Scandicci, nei dintorni di Firenze, dal 1996 esiste il “Centro studi tradizioni popolari” che […] è una banca dati vivente della tradizione orale delle opere di Dante che ha navigato nei secoli giungendo sino a noi”. Oppure, prima di concludere con la multimediale “Sala Inferno” nella Fondazione Zeffirelli a Palazzo San Firenze, ricorda come la Casa di Dante nel centro storico che attira (in tempi normali) frotte di turisti convinti di vedere una dimora dell’Alighieri è una ricostruzione del tutto arbitraria e inventata”. 
Dal secondo capitolo del volume pubblichiamo un brano per gentile concessione dell’editore.

di Marco Ferri: le pagine delle condanne (anche a morte)

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Quella gloriosa pagina di storia, che mise fine all’esperienza repubblicana di Firenze ricollocando i Medici al potere in città (e poi nel Granducato), viene rievocata tre volte l’anno durante le partite del Calcio Storico Fiorentino. Ogni incontro è preceduto dalla sfilata del Corteo della Repubblica che, attraverso circa 560 figuranti, rappresenta uno spaccato della società civile della Fiorenza dell’epoca; tra coloro che sfilano per le vie del centro storico, vi sono numerose figure singole e tra queste ve n’è una che reca tra le mani un corposo libro con una caratteristica che viene subito notata da tutti e lo rende unico: un lungo chiodo metallico posizionato verticalmente sulla coperta di pelle, spessa e rigida. 
Si tratta del cosiddetto Libro del chiodo, sorta di pietra miliare della storia di Firenze che già dall’aspetto provoca rispetto e timore. Il poderoso volume è la copia delle registrazioni di tutti i bandi emessi contro i Ghibellini e i Guelfi Bianchi (che furono assimilati ai Ghibellini) colpevoli di ribellione contro il Comune e per questo esclusi dalla vita politica della città; allo stesso tempo è la testimonianza scritta dell’affermazione della Parte Guelfa di Firenze, tra il 1268 e il 1378, data del “Tumulto dei Ciompi” che temporaneamente permise al “popolo minuto” di condividere il potere con il cosiddetto “popolo grasso”. 

Nella lista dei nomi dei condannati che compaiono sul Libro del chiodo – il cui vero titolo è Libro delle condanne delle famiglie ribelli del Comune di Firenze dal 1302 al 1379 detto del Chiodo e il cui originale è ovviamente custodito nell’Archivio di Stato di Firenze – compare anche quello di Dante Alighieri, che fu dichiarato responsabile di appropriazioni indebite (all’epoca venivano definite baratteria) durante il suo periodo di priorato, cioè nel 1300, di aver operato contro il Papa, Carlo di Valois, la città di Firenze e la Parte Guelfa, di aver agito per la scissione dei Guelfi pistoiesi e l’espulsione della parte Nera. 
In pratica tre volte l’anno, nel mese di giugno, quando il Corteo della Repubblica Fiorentina muove dai Chiostri di Santa Maria Novella e, attraversando il centro di Firenze, giunge in Piazza Santa Croce, si può “incontrare” Dante grazie a un figurante singolo che porta il Libro del chiodo
Vestito di panno nero, con aspetto austero e cipiglio, il figurante rappresenta uno dei Magistrati del Tribunale di Mercatanzia che all’epoca redimeva le controversie tra le varie corporazioni, tra i mercanti e l’amministrazione pubblica. Durante la sfilata, tra le mani mostra appunto il Libro del chiodo che gode di una straordinaria fortuna storiografica proprio grazie al fatto che nelle sue pagine è riportato il nome del “priore” Dante Alighieri. In particolare il volume nelle prime pagine riporta le sentenze del podestà Cante dei Gabrielli di Gubbio che il 27 gennaio 1302 lo destinò all’esilio (alle pagine 3-5) e il successivo 10 marzo lo condannò alla pena capitale (alle pagine 14 e 15).

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