Mussolini e fascisti, lo spettro del regime nei libri al Salone

A Torino autori e saggi parlano della dittatura e dei riflessi sull’oggi. Come la raccolta di scritti del dittatore “Me ne frego” (il copyright non è di Salvini)


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10 Maggio 2019 - 17.48


Una presenza aleggi al Salone del libro di Torino. È una presenza minacciosa, è Mussolini. Non è solo l’editore Francesco Pennacchi aderente a Casa Pound e a ragione estromesso dalla kermesse soltanto dopo le polemiche e le defezioni. Parlano del duce, degli italiani e del regime dittatoriale più autori o libri passati per il Lingotto. E che avvertono dei riflessi sulla politica odierna. A partire da un volume che nel titolo, Me ne frego, potrebbe far pensare a un rimando al vice premier Matteo Salvini che adotta volentieri espressioni simili ma invece riprende direttamente una frase del duce.

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Me ne frego è infatti il titolo del volume dal sottotitolo «Discorsi, articoli e interventi pubblici di Benito Mussolini, pronunciati e scritti tra il 1904 e il 1927» a cura di David Bidussa (Chiarelettere, pp. 144, euro 12) discusso giovedì 9 al Salone. Al riguardo ricorda il battagliero editore: «“Me ne frego”, “tiro dritto”, “prima gli italiani”, “chi si ferma è perduto” sono espressioni fasciste, e ora di nuovo nel linguaggio diffuso, cui il governo gialloverde strizza l’occhio e che ci riportano a una certa idea di società, dove la politica è solo un mezzo per affermarsi e zittire l’avversario. Leggere Mussolini è scioccante ma rivelatore. È lui l’inventore dell’antipolitica, della critica sprezzante dello Stato, dello sberleffo delle istituzioni».

Dichiara lo scrittore, giornalista, saggista, storico nato a Livorno nel 1955 e già curatore, sempre per Chiarelettere, di un volume sugli scritti di Antonio Gramsci: «Quelle parole, con il loro carico di immaginario, sono tornate a circolare nella nostra mente e spesso nel nostro linguaggio parlato. Sono tornate a essere ´parole gridate՝ e non più solo ´parole sussurrate՝. E la forza del grido, se senza contrasto, le rende ´parole ammesse՝. Ovvero ´legittime՝». E il passo seguente alla legittimazione di parole e pensieri devastanti è la loro applicazione alla vita civile.

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Per l’agenzia Adnkronos Attilia Brocca ha notato più segnali al Lingotto: c’è il cartello che dice «editoria antifascista» all’invito dell’editore Laterza a descrivere in venti parole chi è fascista, da un lato dello stand della Bompiani con il romanzo M Il figlio del secolo di Antonio Scurati al gruppo Mauri-Spagnol che mette in bella vista i saggi di Francesco Filippi (suo il Mussolini ha fatto anche cose buone, Bollati Boringhieri) , Fascismo un avvertimento di Madeleine Albright (ancora Chiarelettere) mentre da Mondadori campeggia Fascismo Anno Zero di Mimmo Franzinelli.

Da Carocci la giornalista nota Mussolini Il primo fascista di Hans Woller e da Einaudi tre titoli: il romanzo sulla Resistenza più letto, Partigiano Johnny di Beppe Fenoglio, La barzelletta ebraica di Devorah Baum, le Istruzioni per diventare fascisti di Michela Murgia con relativo “fascistometro”.

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Con Bidussa hanno discusso sul fascismo, nel passato e a confronto con l’oggi, autori che hanno affrontato il medesimo tema con libri recenti: Filippi, Franzinelli, Michela Murgia, Claudio Vercelli (Neofascismi, Capricorno).

Campeggia una domanda sul sito di Chiarelettere: «Il fascismo è un fenomeno storico o un’ideologia che trascende la storia e anche la geografia politica europea? Capirlo può voler dire dare un senso alla riflessione antifascista in un modo che rifletta a fondo sulle contraddizioni che la politica oggi accoglie al suo interno». E a ciò si accompagna un interrogativo scaturito dalle riflessioni filosofiche e politiche post – nazismo dopo aver visto quale mostruosità è stato il regime di Hitler: se una forza politica rimanda a azioni e dittatori e forze che hanno annientato ogni forma di dissenso e negano la democrazia, quale è il rimando di Casa Pound che inneggia Mussolini, è giusto ammetterle al consesso della discussione oppure no?

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In altri termini: se qualcuno ha il proposito manifesto di annientare la democrazia e può conquistare voti e accedere al potere (è successo con Hitler nella Germania del 1933), allora non è necessario e indispensabile fermarlo prima che uccida la democrazia, che metta in galera o peggio chi dissente? L’interrogativo fa emergere alcune contraddizioni insite in uno Stato democratico e, al tempo stesso, pone un dubbio morale: impedire quell’accesso a chi si richiama al fascismo e al nazismo è semplice, doverosa e naturale auto-difesa come infatti recita la nostra Costituzione, per cui una forza che si dice fascista e si manifesta come tale non dovrebbe esistere, anzi dovrebbe essere messa fuori legge nei fatti e nella pratica come prevede il nostro testo costituzionale.

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