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La prof: nelle lezioni a distanza servono mezzi tecnologici uguali per tutti

Annalisa Filonzi docente di una Superiore a Jesi scrive: la scuola ha risposto bene, l’online è anche un’opportunità, ma chi insegna è un professionista, non parlate di “missione”

La prof: nelle lezioni a distanza servono mezzi tecnologici uguali per tutti

redazione Modifica articolo

25 Marzo 2020 - 17.13


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Insegnare a distanza pone chi insegna, e gli studenti, di fronte a sfide improvvise e non preventivate. Culturali e, non è secondario, tecnologiche e di diritti uguali per tutti. Dopo un giro d’orizzonte con quattro docenti universitari (clicca qui) pubblichiamo un intervento di Annalisa Filonzi, insegnante all’Istituto di Istruzione Superiore di Jesi e curatrice indipendente d’arte. Sull’argomento pubblicheremo anche altri articoli.

di Annalisa Filonzi

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C’è chi non vedeva l’ora di imitare gli youtuber più alla moda e si è lanciato a registrare video e condividerli online; chi sentiva la mancanza del contatto con i suoi studenti e si è affrettato a dar loro appuntamento per una lezione via skype; chi ha approfittato delle tante piattaforme di classi virtuali, finalmente silenziose quando si toglie l’audio degli studenti; chi si è limitato ad assegnare tante pagine da studiare tramite registro elettronico; chi si è inserito nei gruppi whatsapp della classe o delle mamme; c’è chi voleva far lezione tutti i giorni alle stesse ore facendo finta di niente e anche chi non ha fatto proprio niente; e c’è chi invece si è messo a studiare per preparare nuove lezioni e nuovi materiali, finalmente libero da burocrazia e riunioni; chi si è esaltato per le numerose iniziative di biblioteche, teatri, musei e televisioni e ha cercato di condividere questi materiali con i suoi studenti, approfittando dell’occasione per insegnare anche ad usufruire della rete per la sua originale funzione di condivisione libera del sapere a chi, nato con uno smartphone in mano, lo utilizza sì e no per due app.

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Non tutto sarà stato perfetto, ma la scuola italiana ha risposto subito: presente. Organizzata nel giro di poche ore, la didattica a distanza merita un bel 10. I dati forniti dal Sole24ore di lunedì 23 marzo, anticipando un’indagine del Ministero dell’Istruzione, dicono che solo il 7% degli studenti non ha ancora ricevuto comunicazioni via web, mentre otto scuole su dieci hanno attivato lezioni online. Un bel risultato se si pensa che l’82% degli istituti non aveva mai fatto ricorso a questi strumenti prima dell’emergenza del coronavirus.

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Gli insegnanti italiani lo hanno fatto e lo hanno potuto fare perché sono degli intellettuali. Sono persone preparate e che continuano a studiare, per questo flessibili nel trovare nuovi modi di comunicare i contenuti della propria disciplina; che sempre si sono poste l’obiettivo di arrivare ai propri studenti, se lo pongono ogni giorno, per altre difficoltà, per cui non si sono scoraggiate quando il problema è stato riorganizzare la loro didattica sperimentando nuovi mezzi. Lo hanno fatto in silenzio, mentre tutto il resto del mondo li insultava perché rimanevano a casa. Lo hanno fatto studiando di notte, per convertire le lezioni già pronte per l’aula in qualcosa di adatto ad un’aula online; facendo il doppio delle ore di lezione per suddividere le classi troppo numerose e facilitare l’apprendimento; lo hanno fatto tra le urla dei figli piccoli, i bronci dei figli adolescenti reclusi, litigandosi il computer con i familiari per le dirette online. Perché sono abituati a lavorare da casa, con materiali acquistati a proprie spese, senza un ufficio a loro disposizione e tempi definiti per il loro lavoro, anche sabato e domenica.

Il risultato è stato assicurare agli studenti un po’ di senso di normalità. Ragazzi che lasciano il letto e si vestono per presentarsi davanti all’insegnante e ai compagni; che ci provano a fare qualche esercizio di grammatica; che trovano nuovi modi per copiare; ma soprattutto che, per alcuni momenti, dimenticano un po’ la paura. Sì, perché la situazione tanto rassicurante non è. La normalità nelle case non esiste.

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Come facciamo ad assicurare il diritto all’istruzione, uguale per tutti, sancito dalla nostra Costituzione, se gli studenti non hanno tutti un computer e ti guardano attraverso uno schermo in frantumi? Se hanno finito i giga per parlare con i loro amici o i nonni lontani e non ne hanno per vedere il documentario che gli hai consigliato? Se non hanno voglia di pensare alla geometria, perché hanno un genitore al lavoro, esposto al pericolo, o sono soli tutto il giorno? Se sul cellulare l’app che gli hai consigliato funziona solo a metà, o non ci capiscono più nulla tra i vari appuntamenti e compiti sul registro elettronico e i nuovi programmi da scaricare? Se semplicemente si rifiutano di studiare, come hanno sempre fatto e continuerebbero a fare se tu, chissà per quale intuizione, quel giorno non gli avessi dato la pacca sulla spalla o detto la parola giusta tra mille rimproveri?

La Costituzione italiana all’articolo 34 dice che “la scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. È inoltre uno dei compiti fondamentali della nostra Repubblica, (art. 3 sempre della Costituzione) quello di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

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Ora, in questi giorni così stra-ordinari e pieni di opportunità per chi saprà e potrà coglierle, ma anche di paure e di dolori e di solitudini, di fragilità che emergono, una domanda che mi risuona in continuazione nella testa è: lo Stato dove è? Dove è la politica, il dibattito, le idee di chi ha l’onore di guidare questo Paese? Davvero è nei decreti che vengono proclamati a mezzanotte, dove si chiede di continuare a fare tutto come prima? Stanziando qualche soldo e ignorando il presente e il futuro di noi tutti?
Allora, sperando che stiano tutti davvero lavorando per uscire dall’emergenza, e rassicurata dal pensiero che la crisi è solo una frattura e tra qualche tempo ne usciremo tutti più consapevoli e più ricchi di prima, ho provato a fare un gioco e compilare una lista di ciò che vorrei trovare quando uscirò dal mio portone:

Infrastrutture: rete wifi veloce per tutti, e gratuita, per studenti e insegnanti, che permetta un buon collegamento e strumenti informatici per chi non li ha
Garanzia del diritto alla sicurezza informatica: abbiamo speso ore e ore di formazione, dimenticate in un attimo?
Linee guida per affrontare con coerenza e serenità la didattica a distanza, uniformando i sistemi, nella sempre dovuta libertà didattica
Riconoscimento sociale del nostro importantissimo lavoro e solidarietà… è una professione, che non si dica più che è una missione.

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