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Perché l’Italia ha bisogno di immigrati: lo spiega un economista

"Aiutateci a casa nostra" è un saggio di Nicola Daniele Coniglio: cifre alla mano, serve favorire un’immigrazione regolare senza “lenti ideologiche”

Perché l’Italia ha bisogno di immigrati: lo spiega un economista

redazione Modifica articolo

27 Agosto 2019 - 16.47


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Gli immigrati ci invadono. Gli immigrati ci tolgono il lavoro. Gli immigrati ci tolgono diritti sul lavoro. Gli immigrati fanno abbassare i salari (anche quando sono i padroni italiani ad abbassarli). Tralasciando la paura di molti uomini che temono di perdere le donne (non “loro”, per chiarirsi) e su cui i bravi psicanalisti hanno molto da dire, su slogan fondati sulla paura poggia l’ideologia votata tutta a scacciare gli immigrati perché colpevoli di tutto. Aiutateci a casa nostra. Perché l’Italia ha bisogno degli immigrati è un saggio di Nicola Daniele Coniglio (Laterza Editore, pp. 152, euro 14,00) che, cifre alla mano, smantella quei luoghi comuni. Tenendo però anche conto che per fasce di lavoro diverse la percezione e la realtà sono diverse.

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Come spiega la casa editrice nella sua scheda, il docente di politica economica all’Università di Bari Aldo Moro e direttore italiano del Master in Economics of Globalisation and European Integration, risponde a quegli interrogativi, a quelle paure, e pone altre domande: “forse ancora più rilevanti per il nostro immediato futuro: perché senza immigrati il nostro sistema di welfare andrebbe a picco? Come possiamo attirare migranti con qualifiche elevate e perché farlo è fondamentale per l’innovazione? Perché ‘aiutarli a casa loro’ è come lasciare 50 euro sul marciapiede per evitare lo sforzo di raccoglierli? Perché investire sull’integrazione dei nuovi arrivati è vitale per l’economia italiana?”.

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Viene da pensare alla commedia del 2011 Cose dell’altro mondo di Francesco Patierno: un film con Valerio Mastandrea, Valentina Lodovini e un Diego Abantuono nei panni di un imprenditore razzista e sfruttatore quando la scomparsa improvvisa di tutti gli immigrati in blocco getta nel caos la sua azienda, la città veneta dove vive, il Veneto, la quotidianità …

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Sul sito di criticaletteraria.org Nike Gagliardi nota come Coniglio lasci fuori dalle pagine, almeno in modo esplicito, “qualsiasi implicazione ideologica” e sulla scorta di queste pagine osserva: “Se valorizzato e regolarizzato da politiche in grado di favorirlo entro i confini della legalità, [il fenomeno] si dimostra non solo non essere pericoloso per il benessere del Paese ma addirittura proficuo per un’Italia duramente provata dalla crisi economica, demografica e culturale”.

A differenza di quanto propagandano i Salvini e le Meloni di turno, molti credono “che un posto di lavoro occupato da un migrante sia una posizione sottratta a un nativo. In realtà – puntualizza Gagliardi – l’afflusso di nuovi soggetti modifica positivamente il mercato del lavoro e il sistema produttivo migliorandone la dinamicità, analogamente a quanto avviene ed è avvenuto nelle città più competitive del globo che, dal loro essere melting pot, hanno tratto benefici di varia natura: l’arrivo di migliaia di nuovi lavoratori attrae nuovi capitali e investimenti che a loro volta generano nuove opportunità di occupazione e nuovi arrivi di lavoratori e consumatori”.

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Nonostante la disoccupazione, i lavoratori stranieri sono indispensabili in molti settori. Come l’agricoltura. Tolto lo schiavismo adottato da cittadini italiani nei confronti di immigrati irregolari con paghe da fame e in condizioni disumane, la Coldiretti stima che nelle campagne lavorino 350mila lavoratori stranieri, pari al 26,2% della forza lavoro necessaria. E se avete chiesto, più volte capita di sentirsi dire che per certi lavori (la campagna è faticosa) si fatica a trovare italiani.

I lavoratori manuali, i meno istruiti, riconosce Gagliardi, però “potrebbero patirne la concorrenza”. Allora, “perché l’Italia attrae lavoratori stranieri poco qualificati?”. Perché, spiega Coniglio, il Paese è sbilanciato verso settori tradizionali della produzione, con poca tecnologia, riconosce poco i titoli di istruzione fuori dalla Ue. E poi si crea un corto circuito: le politiche sempre più dure verso gli immigrati li rendono sempre più spesso irregolari e quindi costretti a subire angherie e condizioni di lavoro da fame. Anche quando sono ingegneri o hanno altre conoscenze e competenze.

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Altro elemento decisivo affrontato nel saggio: facciamo sempre meno figli. Nelle scuole il calo demografico è palpabile. Senza giovani che lavorano il sistema pensionistico non avrà più gambe su cui reggersi: chi versa i contributi? E anche questi sono elementi di cui dobbiamo tener conto.

Per Coniglio occorre sapere che l’Italia come altri paesi ora come ora è non grado di accogliere senza limitazioni: ha una capacità limitata, anche sociale, non solo economica. E dopo aver titolato uno dei capitoli finali “Più muri, più immigrazione irregolare, più costi per tutti”, nel capitolo “Favorire l’immigrazione nei confini della legalità: schemi temporanei” tenta delle proposte che investono l’economia come la politica. Un controllo a suo giudizio almeno ora serve. Ad esempio: favorire l’immigrazione legale permetterebbe di risparmiare sui costi della gestione dell’immigrazione irregolare. Oppure si dovrebbe investire nella formazione, nel favorire l’apprendimento della lingua, nel facilitare la partecipazione sociale per rendere più integrati gli immigrati.

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“Un’analisi chiara e sintetica, che presenta i risultati di molte ricerche scientifiche”, scrive l’agenzia Ansa. Ma, specifica l’agenzia di stampa, Coniglio affronta un argomento così scottante e propone analisi e possibili soluzioni purché si metta da parte ogni tipo di “lente ideologica”. E avverte: l’apertura illimitata agli stranieri avrebbe conseguenze pesanti sull’economia e sul lavoro, così come la chiusura dei porti è deleteria e devastante: “Analizzando i dati si comprende che gli immigrati non solo non tolgono opportunità lavorative agli italiani (anzi svolgono lavori spesso faticosi e mal pagati che i nativi non fanno), ma aumentano la domanda di beni e servizi con la loro permanenza, fungendo da stimolo per l’economia del paese ospitante”, scrive l’Ansa.

Valga concludere con delle cifre: “18,7 miliardi di euro l’apporto contributivo e fiscale da parte degli stranieri, mentre è di 16,6 miliardi di euro la spesa sostenuta dal paese, con un saldo positivo pari a 2,1 miliardi di euro”, ricorda ancora l’Ansa.

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