Tra intrighi e colpi di scena, con Silvis siamo tutti "Illegali"

Nel nuovo noir l’investigatore Bruni indaga sull’omicidio di un ex capo di polizia. Il mandante è un avvocato, ma pochi si salvano


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9 Ottobre 2019 - 17.03


Enzo Verrengia

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Finalmente un intrigo delittuoso costruito nel rispetto i canoni più classici. È Gli illegali, di Piernicola Silvis, la cui trama presenta sfaccettature prismatiche, che sferrano fendenti di letteratura allo stato autentico, come quello con cui viene reciso il collo della vittima, da cui parte l’intera vicenda. Ne disquisisce il dottor Ludovico Ajello, medico legale in forza a Napoli, teatro del romanzo: «Siamo tutti condannati, è solo questione di tempo».

Il suo interlocutore è Gianlorenzo Bruni, dello SCO, il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, che le schiere di appassionati di Silvis hanno già conosciuto in Formicae e La Lupa. Stavolta gli tocca la metropoli mediterranea per eccellenza, che nelle parvenze conferitele da Silvis rimanda a quella di McBain della serie sull’87º distretto, se non addirittura al Dickens delle Impressioni su Napoli. Ulteriore riprova che le migliori descrizioni dei luoghi si devono a coloro che non ci vivono. Là è stato assassinato Raffaele Esposito, già vice capo vicario della Polizia e adesso cadavere come tanti “condannati” alla sentenza che secondo il dottor Ajello ognuno deve scontare.

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Il maleficio ha le sembianze dell’avvocato (ma…)
Bruni viene inviato a indagare in virtù dell’importanza dell’ucciso. Chi legge, ha assistito in diretta all’efferato omicidio, e sa che il committente è l’avvocato Manuel Capone, cocainomane e dedito a relazioni pericolose. Per lui ha agito Shrek, soprannome di un sicario solitamente al soldo della camorra… che, come si specificava all’inizio, non c’entra in maniera diretta.

L’antagonista di Bruni stavolta non è né un maniaco omicida né una donna ai vertici della mafia garganica, come nei due libri precedenti. In Gli illegali il maleficio si fa persona nelle sembianze di questo Capone. Il quale, a sua volta, è spinto da una motivazione misericordiosa: trovare la somma necessaria per le terapie costosissime da praticare alla figlia Rosdiana, che sta morendo di sclerosi sistemica, una malattia rara e terrificante.

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Il “Processo” di Kafka
Per Silvis, tuttavia, la situazione personale dell’apparente colpevole serve a tracciare la geografia tortuosa dei territori dai quali si può sconfinare, appunto, nell’illegalità. E lo esplicita nelle parole di Ugo Carlucci, un collega di Capone: «Non dobbiamo fare giustizia, è vero. Ma siamo il tramite di cui la legge si serve per mettere sotto gli occhi del giudice le sfumature che possono favorire un imputato. Tutti, prima o poi, hanno bisogno di avvocati, anche quelli che li insultano. Perché a tutti, prima o poi, capita di violare la legge, anche involontariamente, o di essere accusati ingiustamente di qualcosa». Il che, a proposito di fendenti letterari, rimanda al Kafka de Il processo. Se Joseph K. avesse avuto un buon avvocato sarebbe riuscito a tirarsi fuori dal labirinto giudiziario. D’altronde Alexis de Tocqueville dedica pagine e pagine del suo Viaggio negli Stati Uniti allo strapotere dei legulei d’oltreoceano.
Sennonché Gli illegali non può certo ridursi a un’escursione cruda e prevenuta nell’ambiente forense. Peraltro, nulla fin qui rivelato del libro fa da spoiler. Tanto meno l’illusione che i maneggi assassini di Capone siano il nucleo della verità ancora tutta da scoprire per Bruni.

Mire private
Il funzionario dello SCO penetra in uno scenario molto esteso in profondità, i cui recessi vanno cercati indietro nel tempo, quando a Esposito, il primo morto della storia (altri ve ne saranno) era stato affidato il servizio d’ordine organizzato per un vertice della NATO a Firenze, nel 2003. Tutto è partito da lì. Eppure non si tratta del solito, abusato complotto di “poteri forti”. Ogni cosa, in Gli illegali, scaturisce da mire private, da brame di potere, da ambizioni carrieristiche all’incrocio con la ragione di Stato. Capone si è solo limitato ad approfittare di un retaggio in comune con quelli che stanno dall’altra parte della sua professione. Tutti o quasi illegali, sotto l’egida ufficiale della legalità. Bruni viene preso nel mezzo, e non intende cedere all’unico potere realmente forte da entrambi i lati, quello del sopruso.

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Piernicola Silvis, Gli illegali (SEM, pp. 422, euro 19,00)

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