Il governo franava e Salvini nominò il tedesco Schmidt a capo delle chiese

Il 9 agosto l’ex ministro nominò il cda del Fondo edifici di culto e, alla guida, il direttore degli Uffizi. Ma la Lega non era contro gli “stranieri” nei musei?


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9 Ottobre 2019 - 19.21


Ste. Mi.

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Il 9 agosto, mentre faceva franare il suo stesso governo gialloverde, l’allora ministro degli Interni Matteo Salvini firmava il decreto con cui nominava il nuovo consiglio d’amministrazione del Fec, il Fondo edifici di culto che è appunto del dicastero. Un ente potente, dietro le quinte. E alla presidenza metteva Eike Schmidt, direttore degli Uffizi. Finora questo passaggio era stato tenuto sotto stretto riserbo, come fosse un segreto. Perché? Perché il Fec non ha divulgato la notizia? Magari riterrà che non spettava a lui, ma lo storico dell’arte tedesco ha insolitamente taciuto per un incarico che è sì a titolo gratuito ma di peso e di prestigio.

Lo scrive l’Ansa, il sito del ministero sul Fec conferma che il nuovo cda si è insediato questo lunedì 7 ottobre e la notizia è sorprendente per due motivi.
Il primo motivo: la Lega aveva tuonato contro i direttori stranieri (perché stranieri) nominati da Dario Franceschini nel 2015 a dirigere sette dei venti supermusei statali allora resi autonomi. Sia chiaro: nella cultura non si possono porre confini, infatti più italiani guidano istituzioni culturali all’estero e un passaporto, per di più dell’Unione europea, non può valere come barriera per un’istituzione italiana se non per nazionalismi inutili, anzi dannosi.

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Orbene, il Fec gestisce circa 830 chiese, una gran parte di valore storico e artistico notevole o stupefacente, si occupa di restauri, buona conservazione, di valorizzazione: pertanto il cda e chi ne è a capo controlla un patrimonio molto ma molto più consistente di un singolo museo, anche se quel museo sono gli Uffizi con annessi Palazzo Pitti e il Giardino di Boboli. Possiamo dire che mentre l’esecutivo crollava Salvini voleva mettere il suo timbro su nomine importanti per quanto defilate.

Il secondo motivo: Schmidt ha appena rinunciato alla direzione del Kunsthistoriches Museum di Vienna, con non poca rabbia da parte dell’Austria perché si era aggiudicato il posto nel settembre 2017 e lo aveva detto pubblicamente, ma finché era in carica il governo gialloverde pensava, con fondatezza, che il clima politico non avrebbe favorito la permanenza appunto dei direttori stranieri. Non faceva mistero che gli sarebbe piaciuto restare a Firenze per portare avanti i suoi programmi (il mandato di quattro anni è rinnovabile per un secondo quadriennio) ma vedeva la prospettiva restringersi se Salvini restava in sella con Di Maio. E temeva. Ora si scopre che l’ex ministro leghista in persona lo aveva nominato a capo del Fec mentre Schmidt confida nella riconferma a firma di Franceschini, strenuo oppositore di “capitan Nutella” e della sua politica aggressiva e nazionalista.

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Uscita la notizia, il direttore all’AdnKronos si è detto “onorato di poter contribuire con la mia esperienza all’importante lavoro svolto dal Fec, un organismo fondamentale dello Stato che nel segno dell’arte, dell’architettura, della storia e della cultura unisce nel suo tessuto più profondo l’Italia secolare con quella spirituale”.

Il cda del Fec ha come membri il direttore centrale per l’amministrazione del Fec, il prefetto Angelo Carbone, gli avvocati Biancamaria D’Agostino e Marcello Volpe, Pietro Di Natale, Lucia Foti, l’architetto e Direttore Generale per le Arti, l’Architettura e il Paesaggio del Ministero per i beni culturali Federica Galloni, don Renato Tarantelli Baccari, il professor Andrea Bettetini. Il Fec è un ente rappresentato legalmente dal ministro dell’Interno pro tempore.

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