Natalia Goncharova, quando l’avanguardia è donna

A Firenze la prima mostra sull’artista russa: i confronti con Gauguin, Cézanne, Picasso e Boccioni, la vita anticonformista di coppia con Larionov


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30 Settembre 2019 - 10.19


Avevano una sfrenata curiosità intellettuale e una gran vitalità, artisti come Picasso o poeti come Apollinaire che a inizio ‘900 dal cuore pulsante di Parigi fino a Mosca sovvertirono i canoni delle arti; era ricca di vitalità e curiosità già nella lontana Mosca, l’artista russa Natalia Goncharova. Vissuta dal 1881 al 1962, pittrice e costumista, scenografa e stilista, performer prim’ancora che il termine fosse inventato, aveva un magistrale senso dei colori. E quell’acuto senso verso  cromatismi e accostamenti è quanto fa capire la mostra “Natalia Goncharova tra Gauguin, Matisse e Picasso”, aperta fino al 12 gennaio 2020 alla Fondazione di Palazzo Strozzi e organizzata insieme alla Tate Modern di Londra dove ha esordito.

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Donna delle avanguardie del primo ‘900, la sua vicenda umana e artistica si intreccia al pittore Mikhail Larionov che fu compagno di vita e d’arte dal 1901 fino alla fine e un motore di prim’ordine del futurismo russo. Già nel 1910 a Mosca lei fu processata e assolta per pornografia avendo esposto dipinti di nudo. Nel 1913 l’artista si dipinse viso e corpo in una performance e se ne andò in giro per le strade moscovite, ed era un secolo fa. Natalia Goncharova e Larionov lasciarono la Russia nel 1915, nel 1917 ci fu la Rivoluzione d’ottobre e non vi tornarono più. Parigi fu la loro casa. Senza tanti conformismi. Con Larionov Natalia convisse anche negli ultimi decenni quando l’amante di lui, Alexandra Tomilina, viveva nel medesimo palazzo, al piano di sotto, e sbrigava pratiche quotidiane per entrambi come cucinare. Una coppia aperta. E salda: nel 1955 Natalia e Mikhail si sposarono affinché chi dei due fosse sopravvissuto potesse gestire il lascito artistico di chi per primo se ne andava. Lui se ne andò due anni dopo di lei.

I dipinti esposti raccontano di un’artista che ha assorbito i movimenti maturati a Parigi e in Europa all’avvio del secolo scorso: il fauvismo (dove i colori seguono gli impulsi della psiche, non quelli canonici), il futurismo, gli echi cubisti, il primitivismo, il costruttivismo, la tradizione folklorica russa in parallelo alle classiche icone russe, le suggestioni simboliste. Natalia Goncharova incamerava, sperimentava e rielaborava. Anche nelle arti della scena: momenti di un’arte totale e pervasiva, disegnò scenografie e costumi per balletti di Rimsky-Korsakov e Stravinsky.

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Natalia Goncharova è rimasta fino alla fine ancorata alla figurazione felicemente alterata di inizio ‘900. Per introdurre al suo percorso la prima sala squaderna dipinti di Gauguin, Matisse, Picasso, Derain e Cézanne provenienti dalla capitale britannica. A proposito di Picasso e rimandi al cubismo, la terza sala espone quella modella nuda del 1909-10 che, in un video promozionale, aveva scatenato la ridicola furia censoria di Instagram seguita da una retromarcia contrita del social medium.

Hanno curato la rassegna Matthew Gale e Natalia Sidlina della Tate Modern, Ludovica Sebregondi per Palazzo Strozzi che ha aggiunto alla tappa fiorentina opere futuriste di italiani come Boccioni, Balla e Soffici. Nel 2020 “Natalia Goncharova tra Gauguin, Matisse e Picasso” sarà all’Ateneum Art Museum di Helsinki, che ha collaborato. Catalogo Marsilio Editori.

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Il sito di Palazzo Strozzi

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